«Per la stessa ragione del viaggio, viaggiare.» Fabrizio de Andrè.
Muoversi, un’azione intrinseca nell’animo umano, non importa il mezzo, molte volte nemmeno la meta . «Vado a fare un giro», una frase ripetuta mille volte, muoversi per lo stessa volontà di scoprire, curiosare, conoscere. Spostarsi nel corso dei secoli e soprattutto negli ultimi decenni è cambiato radicalmente, il termine distanza si è trasformato, dimenticando quel concetto intrinseco e imprescindibile che complementa lo spostarsi; il tempo. «Rapidità». Dagli anni ’80 si è trasformato nel motto del mondo Occidentale ed occidentalizzato, unico e imprescindibile . Bisognava essere veloci. Aerei e poi i treni ad alta velocità e ora internet. Riusciamo a muoverci anche senza spostarci da casa . Veloci si, ma a che prezzo?
«Essere più efficienti e non sprecare tempo. » – risponderebbero dai piani alti – senza alcun ombra di dubbio. Rincorrere e rincorrersi , programmando e pianificando tutto. Non solo nella vita lavorativa di ogni giorno, ma nella quotidianità del proprio tempo libero. Farlo fruttare , fare più cose possibili, consumare il tempo che scivola dentro una clessidra- dal gr. klepsýdra, comp. di kléptein ‘rubare’ e hýdōr ‘acqua’ – per poi aspettare il fine settimana seguente e ricominciare. Questa velocità d’azione ha smontato e standardizzato le nostre vite e la maniera di intendere certe azioni, prassi a cui ormai siamo abituati.
Ci siamo abituati a pianificare, organizzare nei minimi particolari a deluderci e sentirci spiazzati se le cose non vanno come le avevamo programmate, siamo pronti a standardizzare tutto, non esistono gli imprevisti. Negli ultimi mesi il trend si è ribaltato – abbiamo scoperto di essere vulnerabili ai cambiamenti, che il tempo si ferma e che implica che bisogna attuare d’istinto, seguendo i sentimenti e soprattutto l’ascolto imprescindibile del nostro io interiore, vivere senza foga di «arrivare» ma godendosi il momento intermedio.
Ritornare al ritmo dell’uomo non moderno non è da tutti. Spendere ed efficienza ,velocità e comfort , può sembrare naturale per alcuni ma per altri è un ‘azione impossibile da concepire. Il vivere el dia a dia, come si dice in molti paesi latinoamericani , è un concetto a cui ci siamo staccati per sentirci più sicuri ma che ha tolto quel brivido, quell’azione improvvisata , quel guizzo che come cita il Perozzi in Amici Miei descrive il genio ( persona reale cui si attribuisce la capacità di influenzare alcuni eventi della vita) : «Fantasia, intuizione, decisione e velocità d’azione».
Lo si impara, lo si coltiva o lo si affronta in circostanze particolari, in momenti ed in paesi dove il peso del tempo continua ad essere relativo; dove l’importanza della meta e del viaggio è intrinseco, il mahaprasthan o per definirlo con semplicità «quello che c’è in mezzo». Godersi il presente anche se non è quello a cui ci si era preparati ed estrarne il meglio, trovare la motivazione e modellarla a nostro piacimento. Mantenerci attivi, a mente attiva, come saltellando tra una pietra e l’altra per attraversare un fiume senza farsi trascinare dalle sue acque.
Negli ultimi anni si è riscoperto il termine slow–travel. Ritornare a viaggiare assimilando le distanze senza angosciarsi , non avendo paura del tempo che scorre , non per una questione economica sia chiaro; i viaggiatori che affrontano questi tipi di viaggi hanno dei budget ridotti all’osso e non si preoccupano per nulla di raggiungere mete ambite dal turismo massivo. Anzi raggiungere piccoli villaggi o situazioni rurali e scoprire luoghi incantevoli in totale casualità , tornare a quello stile di viaggio che ha contraddistinto i viaggiatori zaino in spalla dalla metà degli anni Sessanta alla fine degli anni Settanta.
L’approccio non è da collezionista compulsivo di luoghi e paesi ma il respirare l’aria quotidiana del paese che si visita. Viverlo per il tempo concesso dal visto e godere di ogni piccolo momento di attesa. Ciò comporta ristabilire e resettare molti comportamenti e termini , tornare a muoversi con ritmi umani e riconoscere la differenza tra l’essere turisti e viaggiatori . Avere un contatto reale con le persone del luogo e non vederli come animali in uno zoo ma capire profondamente le loro vite, problemi e differenze che ti portano sicuramente ad arricchire il bagaglio di ognuno di noi.
Faber , Fabrizio de Andrè , cantautore e poeta italiano lo aveva descritto con quella leggerezza ed efficacia unica, descrivendo i popoli dell’Est Europa nella canzone Khorakanè, nomadizzarsi e vivere con lo spirito libero, errare senza fissa dimora , » per la stessa ragione del viaggio, viaggiare «e ritrovare la libertà che società e tempi hanno rinchiusi dentro noi stessi legandoci a cose che non appartengono all’uomo ma più ad un bene di consumo.